Il regista Li Ruij realizza un film profondamente umano che affronta anche il conflitto tra le tradizioni rurali e la crescente modernizzazione del Paese
Un’altra Cina. Povera, silenziosa, sottomessa, legata ai ritmi e ai tempi
dell’agricoltura così come la intendevano prima delle macchine e dell’industrializzazione. Ma capace di rispetto, di lealtà e di amore: una Cina sorprendente quella che è al centro di
«Terra e polvere» di Li Ruijun («Yin ru chen yan» è il titolo originale del film, ma conosciuto anche con l’internazionale «Return to Dust»), ritratto di un Paese vero ma nascosto, inutilizzabile dalla propaganda nazionalistica e forse per questo «cancellato» all’improvviso dalla piattaforma streaming cinese in vista del Congresso del partito che ha rieletto qualche settimana fa Xi Jinping. Un film che non raccontava le magnifiche sorti e progressive e si permetteva di ricordare che la povertà esiste ancora.
Allora meglio farlo sparire un film così, anche se era diventato a sorpresa un hit nelle nove settimane in cui era stato programmato al cinema e in streaming inanellava visioni. Anche se poi le ragioni della censura cinese sono sempre difficili da decifrare e di fronte al film di Li, dimenticato l’anno scorso dai…