I numeri delineano un quadro apparentemente chiaro. La Russia non sembra aver subito forti danni dalle sanzioni comminate dall’Occidente per l’invasione in Ucraina. E questo grazie, soprattutto, allo stringersi dei rapporti tra Mosca e Pechino. Secondo un rapporto riportato dal Wall Street Journal del 30 gennaio scorso, il commercio tra Russia e Cina è salito di circa 27 miliardi tra marzo e settembre 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021. Al di là delle conseguenze geopolitiche di questo rinsaldarsi dei legami tra i due Paesi, gli effetti delle sanzioni non vanno misurati sul breve periodo. È vero che il Fondo monetario — che aveva previsto per il 2022 una diminuzione del Pil russo del 2% — ha, invece, comunicato che in realtà il paese segnerà una crescita, sia pure di pochi decimali di punto. Effetto anche di una generale migliore salute dell’economia mondiale rispetto a quanto previsto.
Ma è evidente che i maggiori scambi sono dovuti al dirottamento di materie prime verso la Cina e non più verso l’Occidente.
Ma quanto sarà profondo il deterioramento della competitività del Paese con l’allungarsi degli effetti delle sanzioni? E della chiusura del suo mercato? La prova al contrario è data dal nostro Paese. La nostra crescita, che sta…