Dopo 28 anni svolta sul caso del maresciallo Antonino Lombardo. La battaglia della famiglia che ha incaricato due periti. Formalizzata l’apertura di un nuovo fascicolo
PALERMO- Si riapre dopo 28 anni l’inchiesta sul «suicidio in caserma», come fu classificata la morte del maresciallo Antonino Lombardo. Ritrovato in un lago di sangue, ucciso da un colpo di pistola, all’interno della sua auto parcheggiata nel cortile del comando Legione carabinieri di Palermo. A due passi dagli uffici del Ros dove Lombardo lavorava. Era la sera del 4 marzo 1995 quando moglie e figli sussurrarono che era impossibile pensare al suicidio. Al contrario di tanti colleghi e magistrati, subito convinti che quell’omone già famoso per avere contribuito all’arresto di Totò Riina potesse aver deciso di uccidersi sfibrato dai sospetti di un legame sotterraneo con una famiglia mafiosa. In ciò agevolati dal contenuto di una accorata lettera-testamento trovata in quell’auto.
Di qui la decisione di non effettuare l’autopsia che invece adesso la famiglia invoca, chiedendo la riesumazione del cadavere e un accurato controllo sulla traiettoria del proiettile. Sospettando così che possa essersi trattato di un omicidio. Una ricostruzione che lascia perplessi i…