Perché il Garante per la Privacy ha chiesto il blocco di ChatGPT in Italia

Open Ai, l’azienda di San francisco che gestisce il chatbot, adesso ha 20 giorni per rispondere all’Autorità italiana e spiegare come intende muoversi. Alla base dello stop temporaneo c’è la raccolta dei dati degli utenti per addestrare l’intelligenza artificiale

Il Garante per la Privacy ha disposto questa mattina, “con effetto immediato”, uno stop temporaneo per gli utenti italiani all’utilizzo di ChatGPT, il chatbot basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico sviluppato dalla no profit di San Francisco OpenAI. Il blocco della app dovrà restare in piedi “finché non rispetterà la disciplina della privacy”. ChatGPT infatti, sostiene il garante italiano, non rispetta il Gdpr, il regolamento europeo per la protezione dei dati personali.

    

Al momento l’accesso dall’Italia è ancora attivo. Ora l’azienda californiana che gestisce il più noto software di intelligenza artificiale in grado di simulare le conversazioni umane dovrà impedire l’accesso a tutti coloro che risultano registrati con una email italiana. Il provvedimento viene motivato dall’assenza “di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, ma soprattutto di una base giuridica che giustifichi la…