Meloni sdogana il lessico del rinvio. La riforma della giustizia resta nel vago del “cronoprogramma”. Sui balneari serve un “tavolo interministeriale”, sulle riforme una “ricognizione”. Nella Rai vince il partito del temporeggiamento. E’ la versione sovranista del “non lo famo ma lo dimo” di Boris
Il senso dell’incontro ce lo aveva chiaro fin dalla vigilia. “Andrò a dire cosa si dovrebbe fare, e ascolterò cosa si potrà fare”. Insomma Carlo Nordio ha capito, pur nella sua refrattarietà ai rituali romani della politica, che c’era bisogno di un po’ di scena. E il resto, il suo fastidio per il controcanto quotidiano oppostogli da esponenti della sua stessa maggioranza, del suo stesso ministero della Giustizia, così come le raccomandazioni alla continenza da parte di Giorgia Meloni (“Non offriamo alla stampa la possibilità di alimentare polemiche”), sono state il contorno di un colloquio, quello di oggi pomeriggio a Palazzo Chigi, da in cui è stato definito il famigerato “cronoprogramma”. Il che, nell’ottica del Guardasigilli, non è proprio rassicurante.
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