ANTIOCHIA – Sette piani venuti giù come fossero cartone, e al quarto c’era lui, Samir. Dicono 26 anni. Ha resistito, da quelle 4 e 17 di lunedì all’alba, per due giorni e mezzo. Senza potersi muovere, coperto dal solaio del suo soffitto. Quando ha visto, ieri nella tarda mattina, i vigili del fuoco italiani – i cercatori d’uomini del Lazio e della Toscana, chiamati qui da una Protezione civile turca inadeguata – Samir ha indicato una bambina, a fianco. La stessa stanza, o forse due attigue, che in quello sconvolgimento non esiste più alcun ordine, una distinzione dei luoghi. “È la figlia, è la figlia”, hanno urlato i ventidue vicini sopravvissuti, ora sono sotto a scaldarsi attorno a un secchione che brucia le cassette della frutta. Lui, Samir, la indicava, ma non parlava. E la sua piccola non dava proprio segni di vita. Sdraiata, la bocca a terra, s’intravvedeva un pigiama, i capelli scuri. Altri parenti in casa? Possibile, difficile davvero da capire. I soccorritori italiani si sono dedicati al padre, lui cosciente, ma intorpidito dal freddo. “Non aveva fratture sul corpo”, dirà la dottoressa Cristiana Lupini, specialista del pronto intervento di Roma. Sette ore di lavoro intorno a Samir e quando l’hanno messo sulla barella da campo, superstite, la dottoressa…