Il gioco delle spinte stavolta non ha retto. La faglia che divide la placca araba e quella anatolica si è spezzata generando un terremoto di magnitudo 7.8 nella Turchia del sud-est: l’equivalente, in termini di energia rilasciata, di 32 atomiche di Hiroshima.
“Normalmente registriamo movimenti intorno ai 10 millimetri l’anno” spiega Aybige Akinci, ricercatrice turca dell’Ingv, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Stavolta in una manciata di secondi l’Anatolia ha fatto un salto di tre metri verso sud-ovest, scorrendo accanto alla placca araba.
“La rottura è stata enorme” aggiunge Akinci. “Ben 150 kilometri di lunghezza. La scossa ha coinvolto un’area di centinaia di chilometri quadrati”. Ha distrutto case e città in Turchia e Siria. E’ stata sentita anche in Libano e a Cipro. Ha causato ben 28 scosse successive di intensità notevole: con magnitudo superiore a 4. La principale, subito dopo la grande scossa delle 2 e 17 di stanotte, ha avuto magnitudo 6.7. Una seconda grossa scossa, poco dopo le 11 di mattina, ha raggiunto 7.5.
“Una scossa così forte, in quell’area, è avvenuta nell’859” ricorda Akinci. Se guardiamo all’intero pianeta, dobbiamo tornare al 2016 in Ecuador e all’anno prima in Afghanistan, con circa…