Pare che la narrazione terapeutica inizi un poco alla volta a colare a picco. Emergono verità inquietanti sulla gestione dell’emergenza pandemica. In sostanza, i dubbi che da subito manifestammo iniziano a presentarsi come degni di essere creduti nella loro sempre più palese evidenza. Si comincia a parlare da più parti del fatto che la paura è stata utilizzata ad arte, per poter imporre limitazioni durissime che altrimenti mai sarebbero state accettate. Si principia un po’ alla volta a far emergere un’altra narrazione, dalla quale si evince con limpido profilo come l’emergenza sia anche stata utilizzata come metodo di governo atto a imporre tutta una serie di punti saldi dell’ordine neoliberale che, in assenza dell’emergenza, non si sarebbero potuti imporre o che forse si sarebbero potuti imporre solo con maggiori difficoltà. Penso naturalmente al cosiddetto lavoro agile o smart working, o ad altri punti salienti della riorganizzazione neoliberale verticistica della vita e del lavoro. E adesso che la verità inizia gradualmente ad affiorare, anche i protagonisti dell’ordine terapeutico e del Leviatano tecno sanitario iniziano a reagire o cercando di rifarsi un’immagine pulita o scaricando la responsabilità su altri, o cercando di far credere che…