Il leader iraniano: «Libereremo centinaia di migliaia di oppositori». Ma le eccezioni sono moltissime
Ridono tutti, nei limiti del consentito. Gli attivisti, i comuni cittadini. Alcuni rispondono ai messaggi con la faccina gialla che sogghigna. Nessuno di quelli con cui parliamo crede alle parole di
Ali Khamenei, che ieri, ai sensi dell’articolo 110 della costituzione iraniana, ha detto che concederà l’amnistia a centinaia di migliaia di prigionieri, tra cui alcuni manifestanti arrestati negli ultimi cinque mesi.
Lo fa su richiesta del capo della magistratura perché da quando le proteste sono diminuite, dice, «un gran numero di persone che ne hanno preso parte si saranno pentite delle loro azioni».
«Faccio lo spelling: p-r-o-p-a-g-a-n-d-a», ci dice Mahmood Amiry-Moghaddam, fondatore della Ong Iran Human Rights di Oslo. «Non è una cosa nuova per il regime fare azioni di questo tipo soprattutto vicino alle ricorrenze (l’11 febbraio è l’anniversario della Rivoluzione antimonarchica, ndr.). Di certo non lo fa per pietà. Il motivo principale è economico: le carceri sono zeppe e costano troppo: s
i rischiano le rivolte». L’attivista aggiunge che con l’amnistia l’ayatollah cerca di placare la popolazione e convincerla a smettere di protestare. Vuole…