L’ex pugile professionista, 87 anni, era stato accusato nel 1966 della morte del suo capo con la moglie e i due figli. Si era detto colpevole in una confessione estorta, poi ha sempre ritrattato. Ora ha problemi psichici ed è malato. Un giudice rivedrà il suo caso
Il suo caso ha fatto il giro del mondo quando, nel 2011, è entrato nel Guinness dei Primati: Iwao Hakamada, ex pugile giapponese condannato a morte per avere ucciso il suo capo e la sua famiglia, è in attesa di essere giustiziato dal 1968. Oggi ha 87 anni, è il condannato a morte più anziano del mondo e l’Alta corte di Tokyo ne ha riaperto il processo, dopo più di mezza vita passata in carcere. Il giudice ha decretato che il suo caso, da molti anni al centro di battaglie di vari gruppi per i diritti umani, tra cui Amnesty International, deve essere riesaminato da un nuovo tribunale. Il caso di Hakamada torna a mettere in discussione l’ordinamento giapponese, che prevede ancora — unico nel G7 — la pena di morte.
Quando nel 1966 il capo di Hakamada, la moglie e i loro due figli erano stati trovati accoltellati a morte nella loro casa poi incendiata a Shizuoka, nel Giappone centrale, fu lui il primo sospettato. Unico indizio, tracce di benzina e sangue su un suo pigiama. Hakamada, ex…