Istruzioni di Umberto Eco per un uso disincantato di ChatGPT e di altre nuove diaboliche AI

Nei momenti di incertezza di fronte ai cambiamenti del futuro conviene rivolgersi ai classici e ai loro dubbi scettici. Quantomeno, si può scoprire che i dilemmi di fondo sono sempre quelli, ad esempio se il problema è come districarsi tra verità e falsità. La gigantesca trasformazione, che ha già investito e investirà la conoscenza e persino la nostra percezione della realtà, è quella dell’intelligenza artificiale applicata al linguaggio e alla produzione computerizzata di discorsi, immagini, dati. La grande accelerazione di cui si parla da qualche mese l’ha prodotta un chatbot (un robot che chiacchiera) di nome ChatGPT, che ha definitivamente archiviato la fantascienza di HAL 9.000. Il chatbot della californiana OpenAI ha bruciato i rivali del Big Tech nel gradimento degli utenti, anche perché – perdonate la rude semplificazione di quanto spiegato in un ottimo articolo del Washington Post che il Foglio ha pubblicato mercoledì – ChatGPT bada meno dei rivali ai problemi di fallibilità delle sue elaborazioni, e di conseguenza anche alla “verità” di quanto afferma o produce. Mettendo quindi in conto con meno patemi, i suoi autori, la possibilità di produrre “danni nel mondo reale”. Quid est veritas?, diceva del resto quel campione di…