«Gli inizi a Radio Deejay, che mi chiese di fare la pianta, l’arrivo a Milano e la tv»- Corriere.it

di Tommaso Labate

«A Milano non mi facevano fare nulla. Mi dissi: se tra una settimana non cambia qualcosa me ne torno al lavoro nei villaggi. Mi chiamarono per il programma su Italia 1. Non sapevo cosa bisognava fare, ma l’ho fatto»

«I biglietti costavano e soldi per andare al concerto non ce n’erano. Ma io avevo l’arma segreta. Io avevo il cugino Nino». Campo sportivo di Letojanni, provincia di Messina, anno 1967. Nino Nicita, vigile urbano, pancia prominente e faccia da Dean Martin, fende due ali di folla adorante tenendo per mano un bambino di sette anni. Un vigile, all’epoca, «valeva quanto un generale di corpo d’armata». Nino e il bambino si lasciano la folla alle spalle e guadagnano la porta d’ingresso di una roulotte. Bussano. Aspettano. «E poi a un certo punto apre e me lo ritrovo davanti. Abituato com’ero a vederlo in televisione, dove era alto qualche centimetro, dal vivo mi sembrava enorme, gigantesco. E la luce che emanava, non avete idea, c’era luce ovunque: per il carisma, certo, ma anche per lo sbrilluccichìo delle gemme sui vestiti, con delle frange che spuntavano da tutte le parti. Era come se anche la roulotte avesse le frange. All’epoca mica c’era la globalizzazione che ti faceva vedere tutto, e magari avresti detto “vabbé…