Il collaborazionismo pacifista ha lavorato in due modi sulle notizie delle deportazioni e dei rapimenti dei bambini ucraini: censurandole, quando vi riusciva, oppure caricandole sul conto delle cose tanto brutte inevitabilmente prodotte da qualsiasi evento bellico. E questo continua a essere il sistema di certa informazione.
Ma in una simile temperie sostanzialmente negazionista non bisogna credere che il mandato di arresto spiccato nei confronti di Putin dalla Corte penale internazionale adempia necessariamente a ripristinare quella verità ora puramente e semplicemente censurata, ora vergognosamente sepolta dalla chiacchiera di quelli che allargano le braccia davanti alle brutture delle guerre tutte uguali, che si pongono in modo equanime a fronte delle colpe che non stanno da una sola parte, e che si disperano vedendo le ragioni della pace soverchiate dalle scelleratezze intercambiabili dei guerrafondai contrapposti.

Quei crimini non ci sarebbero stati,…