Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha convocato per il 24 e il 25 di questo mese una mobilitazione della sua organizzazione “per la pace”. Lo aveva già fatto altre due volte, a novembre e a febbraio dell’anno scorso, per la verità senza grandi risultati. Sostene che “è il momento della diplomazia”, ma aggiunge che “oggi essere contro la guerra significa affermare un modello economico e sociale che vada in una direzione di altra natura”. Quello che gli sfugge, o che non vuole accettare, è che lo spazio per la trattativa si apre solo se si ferma l’aggressione russa all’Ucraina, altrimenti non si tratta di pace ma di resa e, come insegnano innumerevoli precedenti storici, cedere alle pretese espansionistiche oggi vuol dire creare le condizioni per nuove e peggiori aggressioni e nuovi e ancora più tremendi conflitti in un domani prossimo.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal…