Altman chiede un’agenzia per il pericolo delle IA: la tattica per dissimulare

Lo scorso marzo il Congresso statunitense ha interrogato il ceo di TikTok, Shou Zi Chew, sui suoi legami con la Cina e la sicurezza degli utenti occidentali. È un copione ormai rodatissimo: un grande nome del Big Tech vola a Washington dove viene criticato per qualche ora da repubblicani e democratici, che approfittano del momento per guadagnarsi una clip da condividere sui social per dimostrare di essere stati “duri” con i giganti tecnologici. Poco importa che le domande siano a dir poco discutibili: anni fa un senatore chiese a Mark Zuckerberg come Facebook riusciva a fare soldi, se era gratis; poche settimane fa, qualcuno ha domandato a Chew se TikTok fosse in grado di “collegarsi al Wi-Fi di casa”. Martedì scorso il teatrino si è ripetuto con protagonista Sam Altman, capo di OpenAI, la società che ha sviluppato le intelligenze artificiali generative che dominano il dibattito tecnologico e politico da mesi. Le IA sono un affare diverso dai social network: non giocano direttamente con i nostri dati e non sono (ancora) state accusate di influenzare elezioni politiche. Altman ha inoltre giocato d’anticipo una carta che nessun Zuckerberg avrebbe mai usato: “Per piacere, politici, regolate in qualche modo il mio settore”, ha sostanzialmente…